Caro Giampaolo,
ti ringrazio per l'opportunita' che mi offri per rispondere con
piu' calma alle varie questioni postemi l'altra sera.

 Come ho cercato di spiegare, evidentemente con scarso successo, 
nel mio intervento non intendevo proporre un approccio ai sistemi complessi,
qualunque cosa questa espressione voglia dire. Piuttosto intendevo evidenziare
alcuni aspetti fenomenologici e matematici, che possono apparire come riferenti
a problemi complessi, ma che tali non necessariamente sono. 

  Ora mi pare che sia sia tutti d'accordo che i fenomeni complessi siano  
legati alla loro "predicibilita'" e  questa e' ostruita dalla nonlinearita'
e dal gran numero di gradi di liberta'. Quello che ho fatto vedere e' che 
questi due ingredienti da soli non bastano, sono insufficienti e fuorvianti.
  Ho riportato numerosi esempi, nei quali l'analisi attenta della loro
struttura matematica, cosi' come sono formulati, e provenienti da una
fenomenologia notevole, nell'ambito dei limiti delle misure e
nel contesto ben definito a priori delle approssimazioni, conduce ad una serie
di risultati tali, che collocano questi sistemi, tutto sommato, tra quelli 
"semplici". 
  Benche' le situazioni analizzate NON si spiegano con nessuna relazione 
diretta fra causa ed effetto, tuttavia in esse si sviluppano moti a) altamente
 predicibili, b) altamente stabili, sia  rispetto a generiche variazioni dei 
dati iniziali, che rispetto a variazioni strutturali (perturbazioni), c) gli
stati accessibili al sitema possono contenere una grande varieta' di stati 
coerenti, che permangono nel tempo anche a seguito di reciproche interazioni,
oppure possono evolvere in varie classi di ben individuabili sottostrutture,
in funzione delle condizioni iniziali e delle eventuali condizioni al 
contorno.  
  Ora sono completamente d'accordo che questo genere di situazioni NON 
rappresentano il nucleo dei sistemi complessi. Tanto per incominciare 
ho trattato solo sistemi hamiltoniani. Secondo, il 
calcolo degli esponenti di Lyapunov (cioe' quanto rapidamente due orbite 
generiche si allontanino tra di loro) NON conduce a nessuna forma di caos 
deterministico, a meno che non si introducano delle  perturbazioni e non si 
faccia crescere abbastanza la densita' di energia che viene iniettata nel 
sistema. L'analisi del sistema mi consente pero' di determinare 
i limiti di applicabilita' della teoria delle perturbazioni, come ho fatto 
vedere nell'intervento. Cosa per altro impossibile senza la conoscenza del 
moto "imperturbato".  
  D'altra parte le tipiche equazioni "ecologiche" non sono strutturalmente 
stabili. Questo significa che anche piccole  modifiche conducono a stati 
molto diversi in tempi finiti. Questo si puo' osservare tipicamente quando 
si introduce una differenziazione interna ad una specie. Poiche' 
differenziazioni di questo tipo, o aggiunte di effetti 
ulteriori oppure, in ambito sociale, di innovazioni sono sempre possibili, 
e' chiaro, nel senso che c'e' una spiegazione quantitativa precisa 
nell' ambito della teoria delle equazioni differenziali, che una descrizione
"deterministica" e' fuori portata. Ma questo  E' un risultato della matematica
che si sta usando, non di considerazioni generiche sul fatto che non 
tengo conto di tutte le variabili in gioco. Puo'essere imbarazzante per 
qualcuno, ma un risultato rimane. 
  Inoltre problemi quali l'auto - organizzazione in sistemi 
di non equilibrio e aperti, probabilmente, richiedono miscele appropriate 
di determinismo meccanicistico, che produce una deriva del sistema, piu' 
una dose di processi stocastici, che risultano cruciali nei punti 
di biforcazione e di instabilita'.  Tuttavia bisogna riconoscere che in 
tali processi "emergono" simmetrie interne, che potrebbero 
(con tutti i condizionali del caso) non essere del tutto estranee agli 
oggetti a cui facevo riferimento. 
  Dal punto di vista della teoria dell'informazione, i sistemi che ho discusso 
hanno la proprieta' che una loro generica orbita puo' essere algoritmicamente 
compressa di un fattore arbitrario. E questo evidentemente e' legato ad alcune
loro caratteristiche di analiticita'. Da questo punto di vista una funzione 
trigonometrica o una funzione speciale classica o i trascendenti di Painleve'
hanno lo stesso tipo di  complessita'. Naturalmente questo non significa che
siano la stessa cosa (il "semplice"  processo di dispersione di pacchetti di 
ampiezza finita in acqua bassa fino alle onde lineari di ampiezza infinitesima
presenta una serie di fenomeni intermedi correttamente descritti in un 
contesto non elementare, eppure completamente sotto controllo).
  La situazione e' ben diversa nel caso della teoria della turbolenza, che E' 
uno dei problemi centrali della fisica contemporanea. Questa e', almeno per
 certi versi, dominata dal fenomeno a cascata nell'eccitazione dei modi.
Inoltre e' noto che le fluttuazioni termiche in atmosfera producono 
cambiamenti osservabili sulla scala dei centimetri in pochi minuti. 
Di conseguenza la circolazione globale diventa rapidamente impredicibile 
nell'arco di un intervallo di tempo molto limitato. Su tutto cio' esistono
stime numeriche e dati sperimentali a iosa. Nondimeno, in linea di
principio, sono possibili delle previsioni su grande scala con stima finita
dell'errore a priori. 
  D'altra parte  e' un fatto, almeno nella turbolenza 
bi-dimensionale, cioe' quella di interesse in climatologia, che l'emergere 
di strutture coerenti puo' dominare la dinamica. Tali strutture sono 
debolmente dissipative, e nel background di fluido turbolento possono essere 
approssimativamente descritte da una dinamica conservativa. Voglio appena 
ricordare, anche se e' un esempio estremo, che la Grande Macchia Rossa di 
Giove e' solo un vortice che rimane piu' o meno stabile da quattrocento anni.
  Infine, per quanto riguarda l'analisi di serie temporali sperimentali, 
che campionano un fenomeno, esistono dei pacchetti di calcolo 
abbastanza affidabili che consentono la determinazione di alcune 
caratteristiche globali del sistema (per esempio la dimensionalita' 
dello spazio delle fasi), quali appunto la tecnica di Grassberger e 
Procaccia, che ebbi modo di menzionare. Tuttavia queste tecniche hanno 
delle limitazioni intrinseche al calcolo numerico e alla lunghezza della 
campionatura. Quindi la distinzione tra un sistema complesso ed uno semplice
incomincia ad essere operativamente irrisolvibile. Ancora una volta ci troviamo
di fronte a delle scelte dettate piu' dall'"economia del pensiero" e 
dall'economia del denaro", che dalla "realta'". A questo proposito mi pare 
di ricordare che la Fisica da tempo immemorabile ormai si occupa di teorie 
e di modelli compatibili con la realta' osservativa, non della realta' 
in se' e per se'. Pero' puo' essere solo un mio punto di vista soggettivo. 
   Considerazioni piu' pertinenti delle mie a proposito di complessita' e 
predicibilita' si possono trovare nel lavoro di rassegna di Boffetta, Cencini,
Falcioni e Vulpiani CD/0101029, ormai in via di pubblicazione in Phys. Rep..

Per quel che riguarda il carattere limitativo degli esempi che ho riportato 
posso solo dire che sono quelli che mi ritornano piu' facilmente alla mente. 
Inoltre i corrispondenti modelli hanno un carattere di universalita'. Questa 
affermazione e' l'analogo di quanto avviene in  gran parte della fisica e 
della fisica - matematica  classica, che e' basata su tre equazioni 
fondamentali: D'Alembert, Calore e Laplace. Il che corrisponde a tre situazioni
fisiche abbastanza particolari. Nella mia carrellata avrei potuto citare una
serie (non esaustiva) di esempi fenomenologici, quali i domini e di bolle  
ferromagentiche, la propagazione di onde di spin in ferro- e antiferromagneti,
l'effetto Hall quantistico, i solitoni di Davydov nelle catene proteiniche 
a struttura elicoidale, le onde di shock in certi tipi di mezzi, i kink e i 
flussoni delle giunzioni Josephson, onde in plasmi, le onde interne 
(nello stretto di Messina per esempio), gli tsunami e le onde "canaglia", 
eccitazioni di seconda armonica in paramagneti, gas di bosoni con interazione 
a corto range, la diffusione Raman stimolata, dinamica della pressione 
sanguigna, la propagazione di impulsi i fibre ottiche. Naturalmente con 
questi esempi non penso di convincere nessuno della bonta' dei metodi 
adottati, per il semplice motivo che in ciascun caso se ne  possono 
evidenziare i limiti sperimentali (numericamente espressi). Inoltre e' chiaro, 
per quanto detto sopra che la loro estensione a sistemi aperti e' 
limitata dalla applicabilita' di una teoria perturbativa.
  Da un punto di vista "teorico", i metodi che ho discusso si applicano ai 
sistemi many - body (vedi la rassegna di Mattis), gran parte della meccanica
statistica dei modelli integrabili (Baxter in testa), dei modelli conformi
in 2D e il Bethe Ansatz sono strettamente connessi ai sistemi che ho citato
in precedenza. Sicuramente lo sono anche ampi capitoli della relativita' 
generale (eq. di Ernst, onde gravitazionali di Belinskii - Zakharov, 
alcuni modelli ridotti di buchi neri e di cosmologia), nonche' vasti 
settori della teoria dei campi. 
  Personalmente e' da anni che non mi occupo intesivamente di sistemi 
integrabili, perche' mi interessano situazioni nelle quali la comparsa di 
strutture coerenti e' determinata da proprieta' globali. Ad esmpio di tipo
topologico. Tra l'altro questo mi ha condotto a studiare alcuni modelli di 
membrana di interesse biologico, per le quali anni fa fu formulato da altri 
un modello, basato sulla fisica dei cristalli liquidi. Determinare alcune
possibili configurazioni membranose puo' dimostrare l'affidabilita' del 
modello. Dal mio punto di vista ho affrontato la questione con i metodi che
conosco e che mi sono piu' familiari. A parte le "solite" sfere e cilindri, 
vengono fuori "cipolline", "spighe" e discoidi biconcavi. Con cio' non ho 
spiegato l'origine dei globuli rossi, ho solo descritto degli stati 
possibili coerentemente ad un certo modello, entro i limiti del modello, con le
condizioni sui parametri fenomenologici e dentro i limiti della tecnica 
adottata. Ci sara' poi bisogno del fisiologo 
per decidere se si tratta di un globulo rosso o di una cacca di mosca. E so 
benissimo che sto trattando il sistema a temperatura zero, e che c'e' bisogno
di un approccio di meccanica statistica ecc. ecc. ecc.... 
  Ora questi esempi non vogliono essere un panegirico ottimistico e 
presuntuoso dell'efficacia di certi metodi. Sono solo
rappresentativi di una realta' veramente complessa di tentativi, sforzi e 
lavoro in una marea di situazioni realistiche o meramente speculative, 
ambiziose nelle intenzioni e magari  modeste nei risultati, 
che comunque negli anni hanno prodotto un quadro che va' ben al di la' 
della prospettiva iniziale.
Strumenti nuovi sono stati creati, idee nuove sono state sviluppate, 
vecchie aree della matematica sono state riportate in auge, nuove aree sono
sbocciate. Quanto ci avreste scommesso, anche solo 10 anni fa, 
che i gruppi di treccia di Artin sono connessi a certe classi di polinomi, 
che contengono degli invarianti topologici, che compaiono in certi modelli di
gravitazione, associabili a certe teorie di campo con particelle
la cui massa non e' generata dal meccanismo di Higgs, che tali teorie si 
possono modellare sperimentalmente in sistemi di stati condensati, che in 
particolare svolgono un ruolo nell'effetto Hall quantistico frazionario, che
e' a sua volta descrivibile per certi aspetti da una geometria non - 
commutativa, che e' esprimibile in termini di insiemi fuzzy, che a loro volta 
sono associati alle logiche fuzzy e che queste ultime sono utilizzate 
dagli sviluppatori di motori di ricerca sul web, nonche' da alcuni studiosi 
di fondamenti della meccanica quantistica? E non e' forse questa che da 80 
anni fa solo previsioni "deboli"? Accostamenti di questo genere
ne posso generare a piacere, mescolando campi teorici e fenomenologici 
estremamente differenziati. Ma quello che mi preme sottolineare e' che 
effettivamente il problema non consiste tanto  nel fare correlazioni tra fatti
osservativi con metodi piu' o meno elementari, o anche sofisticatissimi. 
Anche perche' una  correlazione la debbo avere prima in testa (processo 
scarsamente matematizzabile, almeno  all'oggi e che tendenzialmente 
escluderei) per poterla poi verificare. E per poterla avere in testa non debbo
aver presente non solo le precedenti correlazioni, ma anche e soprattutto 
stabilire analogie con esperienze e tecniche, sia sperimentali che teoriche, 
lontanissime dalle mie? Il problema dei processi e' quella di ammettere la 
molteplicita' dei punti di vista, la necessita' di scegliere le domande, 
di selezionare le scale e i limiti di interesse e di indagine, le condizioni 
iniziali e le condizioni al contorno, il tipo di risposta che cerchiamo. 
Una volta fatte queste scelte, e ricordandosi che sulla buona posizione di 
un problema esistono intere biblioteche di letteratura filosofica e 
matematica, non si tratta piu' di rendere intellegibile la totalita' del 
mondo, ma di stabilire una relazione coerente tra il problema posto, la 
definizione delle unita', le modalita' di analisi.
  Da questo punto di vista anche il tentativo, che ho menzionato durante la
conversazione, di usare un modello matematico, basato sulle rappresentazioni 
dei gruppi quantici (Frappat L. et al, Phys. Lett. A, 250 (1998) 214; 
Chiusano M.L. et al., Europhys. Lett., 55 (2001), 287),  per descrivere 
l'organizzazione del codice genetico e' ammissibile. Non perche' questo 
sia "l'APPROCCIO" al problema, e NON E' la formuletta magica: e' solo un 
tentativo, con possibilita' e, soprattutto, limiti ben identificati. Solo il
lavoro e le esperienze successive ci potranno dire se si puo' rinvenire un
quadro  e uno strumento utilizzabile in generale. E' una situazione 
simile a quanto avviene in fisica nucleare, solo che piuttosto che avere 
una mezza dozzina di tecniche  per "appena" un centinaio, o poco piu', di 
nuclidi, bisogna trattare almeno centomila unita' base, ma nessuno si sogna 
di dire che e' un gioco da ragazzi, ne' nessuno viene a dire: "Adesso 
vi spiego il mondo!" Qualcuno lo so che lo fa, probabilmente troppi, ma non 
e' mia intenzione farlo.   
   Infine, e' stata sollevata la questione "sociale": ha senso che la 
comunita' spenda soldi per questo tipo di ricerche?" Non so che rispondere,
so solo che il mio dovere e' quello di usare al meglio quello che conosco e 
possibilmente ampliare i miei strumenti: tutto mi interessa e tutto puo'
essere utile. Se qualcuno decidera' di tagliarmi i fondi, non faro' un altro 
mestiere, perche' questo e' il mio  e rispetto quello degli altri. 

Cordiali saluti,
Gigi Martina