Nella scuola elementare i bimbi vedono nella maestra la detentrice della
VERITA', e non ci sono alternative. 
E i bimbi restano annichiliti se " la maestra non lo sa . 
In quella sede non ci possono essere dubbi. Nella scuola
media le cose non sono diversissime. Ma al liceo (o nelle scuole omologhe) le
cose cambiano. Intanto si entra in un'età in cui si inizia a rifiutare
l'autorità degli adulti e si creano modelli alternativi. I professori sono
dei rompiscatole, non sono dei semidei. Gli studenti non provano alcun
interesse per quello che sentono a scuola (ti ricordi?). Il loro disinteresse
può essere direzionato essenzialmente in due ambiti. Cercare quel che non va
in quel che gli viene raccontato (si chiama contestazione), crearsi un mondo
alternativo con valori assolutamente diversi. Questi possono essere la
squadra di calcio, i romanzetti, le canzonette del festival bar, le
discoteche, fino alla droga. La mia generazione vedeva nella contestazione il
modo migliore per affermare la propria personalità. Oh, occupando la scuola
si trovavano occasioni per incontri tra i sessi, proprio come avviene andando
a ballare. Alla fine la pulsione biologica è dominante, sono solo le
sovrastrutture che cambiano. Ma questa è un'altra storia. La voglia di
contestare altro non è che quel che dice Popper, le cose vanno sempre messe
in discussione, si deve sempre cercare di falsificare il dogma. Se ci si
riesce lo si abbatte, se non ci si riesce lo si accetta. Ma lo si accetta non
perchè è un dogma indiscutibile. Lo si è discusso e ci si è convinti che vale
la pena di seguirlo. Instillare dubbi nei giovani è salutare. Le certezze li
allontanano. Sono le certezze di grandi, loro vogliono le loro. Contestare
quel che viene detto a scuola è salutare, serve anche per imparare le cose
che si devono imparare. Mettere in discussione tutto serve per accettare quel
che c'è di buono, diventa una conquista e non un'imposizione. Il metodo
scientifico fa proprio questo. E forse è per questo che la matematica non è
molto gradita ai più, di solito presenta certezze, teoremi con dimostrazioni,
regole assolute da imparare come se fossero preghiere. Lo so che non è così,
ma è così che la gran parte degli studenti se le vede presentare. La storia
della scienza è fatta di gente che contesta, che discute. Che si becca un
sacco di botte da quello che un tempo si chiamava il Sistema. A volte si
finiva nel rogo, altre volte alla ghigliottina, oppure si era costretti a
rinnegare le proprie scoperte. Perchè si mettevano in dubbio le certezze. E
ora no? E' finito il tempo della contestazione? Se fosse finito, noi non
avremmo più niente da fare. Diventeremmo i sacerdoti di un verbo immutabile.
Che palle! E allora, a quel professore che si lamentava di due estremi: lo
scienziato alla Zichichi che produce certezze e quello che invece discute
tutto, io mi sento di dire che il primo è un prete, il secondo è uno
scienziato. Anche chi discute tutto parte da un bagaglio di conoscenze. Non
fa le cose a caso. Per rompere le regole bisogna conoscerle. La scuola deve
dare regole da discutere, non dogmi da accettare. Non è affatto facile,
soprattutto se la  formazione dei docenti non è basata sulla discussione
continua ma sull'accettazione continua dell'autorità.
Io dico sempre ai miei studenti che sono stato sempre rimandato, dalla prima
media alla quinta liceo, e che sono stato bocciato due volte, persino
all'esame di maturità. Ma non ho mai marinato la scuola. Neppure una volta.
Mi rimandavano e mi bocciavano perchè
mettevo sempre tutto in discussione, anche in modo pretestuoso, infantile,
velleitario. Ho persino contestato il tema della maturità. Che cretino!
Ovviamente  questo era molto irritante. Come capisco quei poveretti dei miei
professori. Un giorno ho incontrato quello di lettere, Emilio Costadura. Mi
rimandava tutti gli anni di latino. E mi dava due perchè dicevo che Manzoni
era un cretino. Non mi piaceva che la Provvidenza avesse scelto la peste per
risolvere il problema di Renzo e Lucia. Di solito, quando c'è la peste,
muoiono i poveri e i ricchi la scampano. Era il 1968, eoni fa, e non c'era
niente che andasse bene per chi aveva diciassette anni. Bene, il poveretto mi
ha confessato che ero il miglior studente che avesse mai avuto, ma che lo
aveva capito dopo (figurati gli altri, diranno alcuni miei colleghi). Io non
credevo di essere così in gamba. Credevo di essere una testa di cazzo, ma non
potevo farci niente. Era più forte di me. Se sentivo una cosa cercavo subito
di provare il contrario. Con la matematica non riuscivo, e quindi non mi
piaceva. Poi ho scoperto che questo è il modo di fare scienza. E ho capito
che cosa serve agli studenti. Gli servono dubbi per raggiungere faticosamente
alcune certezze, che terranno sempre come provvisorie. Finchè non le
sostituiranno con altre, raggiunte attraverso i dubbi.
La mia prima lezione all'università inizia con la scritta sulla lavagna delle
due parole: pipì e popò. E chiedo: da dove viene la pipì e da dove viene la
popò? Chi pensa di saperlo? Tutti bene o male sanno da dove viene la popò, ma
nessuno sa da dove viene la pipì. Nessuno. E io ho fatto per dieci anni il
corso di zoologia a scienze biologiche, con due-trecento studenti l'anno.
L'ho chiesto a circa duemila cinquecento persone appena uscite dall'esame di
maturità. Le poche mani che si alzavano per dire da dove viene la pipì erano
di persone che si erano fatte la loro teoria sull'argomento. Tipo: due
apparati digerenti, uno per i solidi (che butta fuori popò) e uno per i
liquidi (che butta fuori pipì). A sentire che la pipì viene dal sangue,
restano di stucco. Tutti. Eppure la pipì è una cosa che vedono sempre, mentre
il teorema di Pitagora o il Passero Solitario al di fuori della scuola non
esistono. Non sapere da dove viene la pipì è una mancanza di cultura
inaccettabile in persone che hanno fatto cinque anni di elementari, tre di
medie, cinque di liceo e che hanno scelto scienze biologiche all'università.
Ma la cosa più terribile è che non si siano mai posti il problema di "da dove
viene la pipì". E' la mancanza di curiosità che uccide la cultura. Il mio
messaggio è: la scuola non vi ha dato la curiosità, vi ha chiuso le menti. La
vostra ignoranza è abissale, tanto che non sapete da dove viene la pipì che
fate ogni giorno. Siete come gli uomini primitivi con il fulmine. Il nostro
compito è impàri, dobbiamo farvi diventare degli "scienziati", visto che
siamo nella Facoltà di Scienze. Uno scienziato senza curiosità è un fallito.
La prima cosa che dovete imparare è riuscire a capire che non state capendo.
E' il primo passo verso la comprensione. Altrimenti sarete automi che
ripetono la lezione. E' questo che mi fa imbestialire quando gli studenti mi
raccontano che il corso di matematica era di novantadue teoremi da imparare a
memoria, con la dimostrazione. E mi fa imbestialire perchè so quanto è
importante la matematica. Ma nessun essere intelligente accetta questa frase:
"ora intanto studia queste cose, poi vedrai che un giorno ti serviranno". E'
la negazione della curiosità, è l'affossamento del progresso.
Oltre a pipì e popò, uso anche l'Immacolata Concezione, il bue e il toro, le
stimmate, e molte altre cose che tutti pensano di sapere e che nessuno sa.
"Pensano di sapere" è molto diverso da "ignorano". E' la prova che il dubbio
non ci è stato instillato. Pensiamo di sapere e siamo ignoranti. E' la
condizione peggiore, quella che porta all'oscurità.


nando